Come professional organizer associati APOI abbiamo delle norme (il riferimento principale è la legge 4/2013 del Ministero italiano dello sviluppo economico) e un codice etico da rispettare. Questo documento, che firmiamo al momento dell’iscrizione, ci indica come comportarci nei confronti dei colleghi e dei nostri clienti.
I principi basilari del codice etico che riguardano i clienti sono:
- servire i propri clienti con integrità, competenza e obiettività, trattandoli con rispetto e cortesia;
- fornire i propri servizi solo nelle aree in cui si è qualificati;
- rappresentare la professione dei P.O. con precisione e accuratezza;
- mantenere riservate tutte le informazioni fornite dai clienti, sia personali che professionali;
- usare propriamente le informazioni dei clienti solo con il loro permesso;
- comunicare in anticipo ai clienti le tariffe e le spese, richiedendo pagamenti adeguati, legittimi e commisurati alla propria esperienza, ai servizi che si forniscono e alle responsabilità che si accettano;
- mantenere un alto standard di condotta personale per portare maggior credito alla professione;
- impegnarsi ad acquisire le conoscenze necessarie, le competenze e la formazione per essere competente e pertinente per affrontare i bisogni del cliente.
Altrettanto importante è l’indicazione di ciò che i P.O. non devono fare:
- accertare alcun tipo di patologia clinica (quali il disturbo da accumulo e qualsiasi patologia che porti all’accumulo);
- dichiarare di effettuare interventi terapeutici su qualsivoglia patologia clinica;
- accettare interventi organizzativi senza l’approvazione del proprietario dei beni da organizzare.
Il codice etico, quindi rappresenta la nostra deontologia, per cui i clienti sono sempre e comunque al primo posto.
Ma quali sono le difficoltà che i P.O. possono incontrare?
Non ha importanza quale sia l’ambito in cui i P.O. operano, i P.O. devono essere in grado innanzitutto di ascoltare, sviluppare un buon livello di empatia e fiducia con i clienti, ma al contempo avere molto chiari i confini da porre.
I clienti non sanno quali sono i confini, non li conoscono (soprattutto se è la prima volta che richiedono la nostra consulenza da professionista dell’organizzazione), perciò spetta a noi delinearli. Instauriamo un rapporto di fiducia e chiariamo bene i ruoli: non siamo psicologi, life coach, né counselor.
I P.O. entrano nella vita delle persone, accedono alla loro intimità, a volte toccano con mano fragilità umane: i clienti che chiedono aiuto ai professionisti dell’organizzazione per migliorare il loro stile di vita, mettono in gioco le loro emozioni. I P.O. devono comunicare in modo chiaro cosa la loro consulenza offre e cosa no.
La capacità di comunicare, quindi, ha un ruolo importante: lavorare su questo aspetto ci permette di sviluppare al meglio la nostra professionalità. Per capire quanto sia importante sviluppare queste skills basti pensare a quando si entra in una casa dove spesso si affrontano dinamiche famigliari, o sul lavoro con i delicati rapporti tra colleghi, o quando si incontrano clienti che vivono la disorganizzazione cronica.
A mio parere i P.O. capaci e professionali non solo sanno proporre soluzioni pratiche e risolutive per le esigenze dei clienti, ma sono anche (e soprattutto) capaci di dar vita a quel delicato equilibrio in cui ascolto, fiducia, empatia e confini hanno il giusto peso. I clienti devono sentirsi capiti, cogliere il coinvolgimento e la disponibilità dei P.O. e avere chiaro quali sono i confini nel rapporto.
La formazione e l’esperienza poi ci vengono in aiuto, antiche alleate di tutti i mestieri: ci permettono di costruire giorno dopo giorno la nostra autorevolezza e professionalità, permettendo a questa splendida professione di crescere in Italia come già è avvenuto nel resto del mondo.